L’edificio subì, dunque, numerose trasformazioni nel corso di due secoli e mezzo, dagli inizi del Cinquecento fino a metà Settecento, quando per volontà dell’arciprete Isidoro Chirulli fu demolito l’antico edificio per realizzare, su disegno dell’architetto milanese Giuseppe Mariani, l’attuale tempio di gusto architettonico tardo barocco.
La decisione, dettata dalla necessità di consolidare le parti danneggiate dal terremoto del 20 febbraio 1743, incontrò l’esigenza estetica di conformare l’edificio ai gusti squisitamente settecenteschi.
La consacrazione della Collegiata avvenne il 22 ottobre 1775, circa trent’anni dopo la posa della prima pietra.
L’esterno della Basilica è caratterizzato dalla maestosa facciata, alta 37 metri, che poggia sulla scalinata semicircolare, un appello architettonico a guardare in alto. È impostata su due ordini architettonici, i cui elementi ornamentali, scolpiti nella pietra locale e organizzati in un armonico e dinamico gioco di sporgenze e rientranze, sono enfatizzati dall’elegante gruppo scultoreo centrale raffigurante San Martino che dona il mantello al Povero, di Giuseppe Morgese, capolavoro dell’arte civica martinese.
L’interno della Basilica, vasto e luminoso, è a croce latina. Nell’area presbiteriale, sotto l’arco trionfale progettato da Gennaro Sanmartino, vi è la preziosa ancona marmorea (1773) disegnata da Giuseppe Sanmartino, autore a Napoli del Cristo velato nella Cappella Sansevero, per custodire la scultura del Patrono della città, San Martino di Tours, realizzata in pietra nei primi decenni del XVI secolo da Stefano da Putignano. Il grande complesso marmoreo fu eseguito da Giuseppe Variale, marmoraro napoletano. Di Giuseppe Sanmartino sono anche gli angeli che reggono gli emblemi episcopali del Patrono, il nimbo dello Spirito Santo e le due figure allegoriche femminili, in marmo bianco, della Carità e dell’Abbondanza, “in cornu Evangelii” e “in cornu Epistulae”. Il grande complesso marmoreo fu donato alla Collegiata da Pietro Simeone, nobile martinese, il cui emblema gentilizio è intarsiato negli scudi marmorei al di sotto delle due figure femminili.